Organizzazione Aziendale

Il presente caso aziendale è stato pubblicato nella community delle Officine, uno spazio volto a facilitare la crescita personale di ciascun imprenditore e lo scambio di esperienze con colleghi di tutta Italia, come approfondimento settimanale dedicato al quadrante processo del radar d'innovazione ed affronta il tema dell'organizzazione evidenziando gli errori più frequenti che si commettono quando si definisce l'organigramma aziendale.

L’azienda in esame è l’ICMI S.r.l., azienda che realizza e monta impianti e forni per il trattamento termico, l’estrusione e la forgiatura dell’alluminio.

Il Signor Mario Baracchetti, l’Imprenditore, ha sempre sostenuto che “l’ICMI non è un’azienda produttiva, ma un’azienda di servizi” e, coerentemente, ha basato il suo successo commerciale sulla flessibilità produttiva e sulla qualità delle lavorazioni.

Ascoltiamolo mentre racconta come l'acquisto di un nuovo macchinario abbia determinato un forte cambiamento organizzativo, poiché andava ad impattare radicalmente su tutte le mansioni svolte dai collaboratori, poi proseguiremo le nostre riflessioni.

L’azienda dal 2005 dispone di un impianto di taglio al plasma piuttosto sofisticato, che costringe a riedefinire le mansioni e le responsabilità del personale di produzione.

L’operaio tecnicamente più preparato è l’unico che sappia programmare l’impianto al plasma, ma non desidera avere collaboratori diretti.

L’operaio più portato alla gestione dei collaboratori è poco incline alla gestione della documentazione, aspetto fondamentale nella gestione delle commesse.

Le trattative commerciali hanno spesso un elevatissimo contenuto tecnico e Fabio, il primogenito, non ha passione per gli aspetti tecnici. Fabio lavora in azienda da un paio d’anni, ma non ha ancora alcun ruolo formale.

La crisi, sebbene “finora vissuta alla finestra” grazie ad un’importante commessa acquisita nel 2009, è motivo di preoccupazione e contribuisce ad aumentare le tensioni interne: quale organizzazione (organigramma + mansioni + metodi di coordinamento) adottereste e come agevolereste il passaggio generazionale?

Qualche indicazione generale

Gli studi e l’esperienza mostrano che non esiste un modello organizzativo che possa dirsi il migliore in assoluto, ma è altrettanto vero che ciascun modello organizzativo porta a risultati diversi da quelli degli altri: in altre parole è necessario, di volta in volta, capire qual è il modello organizzativo più indicato al caso in esame.

È comunque certo che gli elementi fondamentali su cui opera un'organizzazione sono le informazioni; spesso equivoche, incerte ed ambigue. Tanto più un'organizzazione riesce a restringere il numero dei "può succedere che..", tanto più tale organizzazione risulta efficace (raggiunge l’obiettivo).

All'insorgere di situazioni nuove e/o non previste dalla procedure aziendali, l'organizzazione deve reagire in tempo reale tenendo conto di tutte le persone coinvolte e del loro operato. I ruoli manageriali servono per raccogliere ed elaborare le informazioni necessarie a gestire gli imprevisti: la gerarchia è, pertanto, impegnata nelle eccezioni mediante il rinvio verso l'alto fino al livello in cui il manager dispone di tutte le informazioni necessarie per prendere le decisioni, in altre parole fino al responsabile comune per tutte le persone coinvolte dalla situazione in esame. La gerarchia deve essere impegnata in aggiunta e non in sostituzione delle norme, dei programmi e delle procedure, quindi solo per le situazioni non previste.

Progettare la struttura organizzativa di un'Azienda significa organizzarne l'informazione al fine di:

La strategia e la struttura di un’azienda subiscono profondi cambiamenti attraverso le seguenti fasi:

Ne segue che fra i tanti elementi che caratterizzano la strategia di un'impresa, solo i prodotti e l'area geografica su cui s’impernia il suo sviluppo condizionano significativamente la definizione della struttura organizzativa. È importante rilevare che i cambiamenti di struttura seguono (ossia "vengono dopo") le modifiche di strategia; si ha infatti la seguente successione di causa - effetto:

La definizione delle necessità organizzative dell’Azienda è quindi subordinata alla definizione degli obiettivi strategici di medio periodo definiti dalla Proprietà.

Le norme, le procedure ed i programmi costituiscono solo una componente della struttura organizzativa, ma spesso la maggior parte delle procedure è imposta dal Sistema Informatico utilizzato dall'Azienda che, quale componente dell’organizzazione, deve adattarsi alla strategia (e non viceversa!).

Analogamente sono le persone che operano in azienda a doversi adattare alla struttura organizzativa e non viceversa, fatto salvo il fatto che nelle PMI è spesso assai difficile sostituire persone che fino a quel momento hanno svolto un ruolo chiave ma che non riescono e/o non vogliono “cambiare” … come sempre il buon senso della “mediazione” e della “soluzione concertata e condivisa” è la soluzione migliore.

Il DFD come metodo di analisi e di progettazione delle organizzazioni aziendali

Abbiamo visto che progettare la struttura organizzativa di un'Azienda significa organizzarne l'informazione: da qui l’idea di adottare un metodo di analisi chiamato DFD (Data Flow Diagram, Tom DeMarco “Structured Analysis and System Specification”, 1979) utilizzato da chi sviluppa software per rappresentare il flusso dei dati in un programma costituito da più moduli. Il DFD è un modello grafico e si basa su due soli simboli:

Il DFD di solito è multilivello, ovvero un’attività qualunque al livello 0 (il più generico possibile) può essere analizzata/scomposta in sottoattività e dati raffigurati in un DFD di livello 1, esattamente come avviene per le distinte base. Le attività che risultano sufficientemente chiare a tutti e non richiedono ulteriori dettagli si dicono “atomiche” e corrispondono alle Materie Prime delle distinte base.

Molto spesso trovo utile aggiungere nel DFD altri simboli utilizzati nei diagrammi di flusso quali:

DFD1 DFD2

In alcuni casi può essere utile ricorrere ad un altro concetto introdotto da Tom DeMarco: il DD (Data Dictionary) ovvero, nel nostro caso, l’elenco dettagliato delle informazioni che devono essere riportate su un determinato documento; per esempio:

Offerta = Numero e Versione, Data, Validità, Nome Cliente, Condizioni Pagamento, Riferimento Richiesta, Nome Interlocutore, Tipo di Resa, Oggetto Fornitura.
Oggetto Fornitura = Elenco (quantità, codice interno, nome, breve descrizione, prezzo).

Naturalmente l’utilità del DD è commisurata alla necessità di esplicitare ciò che non è chiaro a tutti e/o al desiderio di completezza del modello che si sta realizzando. Spesso la semplice azione di elencare le informazioni che devono essere presenti in un documento ci costringe a far mente locale e a far emergere situazioni e possibilità non ancora prese in considerazione; ciò porta a “integrare” la rappresentazione per tener conto di tali nuove eventualità riducendo di fatto le situazioni in cui le “procedure” non sono in grado di fare fronte alla realtà. Questo equivale a ridurre il ricorso alla “gerarchia” rendendo l’azienda più efficiente.

Realizzare il DFD della propria azienda è un esercizio che consiglio a tutti e non meravigliatevi se per farlo dovete chiedere ai vostri collaboratori … è normale; con il DFD anche voi imparerete qualcosa sulla vs azienda e non mancheranno le sorprese.

La soluzione

Ecco la seconda parte dell'intervista ai titolari della ICMI, che spiegano i passi che li hanno portati a ridefinire la loro organizzazione aziendale.

Nel caso della ICMI l’utilizzo del DFD ha consentito di far emergere la linearità delle operazioni produttive e di distinguere la struttura organizzativa (intesa come la responsabilità delle proprie azioni e di quelle dei nostri collaboratori) dal flusso informativo (ovvero le informazioni tecniche necessarie a svolgere le singole fasi produttive). È stato un passaggio fondamentale che ha portato alla costituzione dell’ufficio produzione (UPR).

L’UPR, in staff al Responsabile di Officina (ROF) e quindi gerarchicamente ad esso sottoposto, è il luogo dove sono analizzati e risolti gli aspetti tecnici della produzione. Il ROF, invece, è la persona preposta a gestire il personale affinché quanto “messo su carta” dall’UPR sia realizzato: è lui che deve decidere chi e quando deve fare una determinata attività.

Come si vede sono due ruoli ben distinti, che richiedono skill professionali e caratteristiche di leadership completamente diverse e che ben si adattano alle due figure presenti in azienda. Il passaggio dell’informazione avviene in due modi:


La sintesi

Pietro Bazzoni è CEO delle Officine, nonchè membro esecutivo di CdO di Como, nel seguente video riassume le tematiche affrontate nell'approfondimento settimanale curato dalla B.C.C. S.r.l.

Abbiamo visto che non esiste una struttura organizzativa perfetta in assoluto: ogni azienda deve dotarsi dell’organizzazione coerente per il raggiungimento dei propri obiettivi strategici. Se cambiano gli obiettivi o le strategie e i modi per realizzarli, bisogna adeguare l’organizzazione, gli uomini in campo.

I diversi ruoli aziendali richiedono skill professionali e caratteristiche personali diversi: è importante creare matching fra le persone di cui si dispone ed i ruoli che si devono coprire; ma quando questo non è possibile l’organizzazione nel suo insieme è più importante del singolo che si deve adattare e quando questo non riesce l’Imprenditore ha il dovere di correggerlo e sostituirlo nel ruolo: la coerenza fra organizzazione e strategia di sviluppo è fondamentale per il successo di un’azienda e non può essere sacrificata perché un singolo non può (o peggio non vuole) adeguarsi.

In ultima analisi il VERO ruolo dell’Imprenditore è quello del capitano della nave. E' suo il compito di vedere la meta, raccogliere le informazioni e tracciare la rotta  ( la strategia) migliore per raggiungerla ed organizzare  gli uomini  affinché l' "impresa" si realizzi.